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venerdì 9 aprile 2010

L'assegno di mantenimento: qual è il tenore di vita da garantire al coniuge separato? Stefano Cera, avvocato della famiglia e dei minori

Tra le questioni nodali di una separazione vi è, senza dubbio alcuno, la determinazione dell'assegno di mantenimento che il coniuge economicamente più forte è tenuto a corrispondere al coniuge "debole".



Questa previsione è disciplinata dall'articolo 156 del Codice Civile il quale prevede che il giudice pronunciando la separazione stabilisca, a vantaggio del coniuge a cui la stessa non sia addebitabile, il diritto di ricevere dall'altro quanto è necessario al suo mantenimento qualora egli non abbia adeguati redditi propri.



Dopo un lungo dibattito in dottrina ed in giurisprudenza, la tesi oggi prevalente è di ritenere che l'assegno di mantenimento debba assicurare al coniuge richiedente un tenore di vita analogo a quello goduto durante il rapporto di coniugio, dove per analogo non deve intendersi esattamente il medesimo stile di vita, ma uno molto simile che tenga conto dell'effetto economico - psicologico successivo ad una separazione. Per il coniuge meno abbiente, infatti, sarebbe molto difficile, specie dopo una vita agiata, trovarsi improvvisamente privo di quelle possibilità che fino al quel momento sembravano acquisite.



La giurisprudenza, per cercare di definire cosa debba intendersi per tenore di vita analogo - ma non identico - lo ha qualificato come quello tale per cui il coniuge separato non debba scivolare in una fascia economico - sociale macroscopicamente deteriore.



La scelta di garantire al coniuge separato un tenore di vita non dissimile da quello goduto in regime matrimoniale, molto criticata da autorevoli commentatori, appare però adatta a tutelare quei casi in cui, per scelta comune, uno dei coniugi rinunci alla propria professionalità e si trovi poi, una volta separato, in difficoltà.



Qualora invece il coniuge destinatario dell'assegno sia dotato di una sua capacità lavorativa propria, anche intrinseca, non più espressa dopo il matrimonio, la stessa dovrà necessariamente essere valutata per il calcolo dell'importo dell'assegno. La somma destinata al mantenimento, sarà progressivamente ridotta in proporzione al reddito che lo stesso coniuge è (o può essere) in grado di produrre.



La valutazione della capacità lavorativa dovrà comunque essere fatta in concreto; non sarà sufficiente possedere determinate capacità o qualifiche (es. diploma o laurea) se poi, a causa dello stile di vita tenuto, tali capacità non sono mai state sfruttate e sono divenute non più utilizzabili. Un lungo periodo di inattività, infatti, può aver compromesso la professionalità fino al punto da rendere ormai impossibile un suo riutilizzo proficuo nel mondo del lavoro. Può infatti avvenire, come accennato in precedenza, che i coniugi concordino la rinuncia al lavoro di un componente della famiglia che si dedicherà alla casa ed alla cura della prole; al momento della crisi del rapporto, specie se avvenuta dopo molto tempo, non è pensabile che il coniuge "casalingo", anche se in possesso di titolo di studio o comunque di una professionalità, debba essere costretto a rimettersi in gioco, magari ad una età non più giovanissima, e pagare sulla sua persona una scelta fatta di comune accordo con il compagno o la compagna.

Annientamento di un padre verso i figli

Io in primis mi sento molto vicino ai Padri che ogni giorno subiscono le violenze da parte delle Ex , le quali non fanno altro che distruggere e annientare un Padre e la sua dignità di esserlo, non tenendo conto del male che devono subire i figli in prima persona, ravvedetevi madri se cosi vi sentite, perchè un giorno ...dovete fare i conti con le vostre coscienze, un Padre non è solo utile per dare l'assegno ogni mese, essere padre significa anche poter avere la possibilità di stare e condividere tutto dei figli.

giovedì 8 aprile 2010

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FERMIAMO LE STRAGI FAMIGLIARI



Stai pensando di vendicarti e fare una strage?

L’avvocato di tua moglie ha alterato la verità ed è riuscito a metterti in cattiva luce davanti al giudice?
Il giudice se n’è fregato delle tue ragioni ed ha privilegiato – come sempre il ruolo materno?

Ti sei dovuto amaramente rendere conto che il ruolo paterno non conta un cazzo per la giustizia?

Allora perché vendicarti sulla tua famiglia? La colpa non è loro ma di tutti i professionisti della giustizia – ivi compresi psicologi, psichiatri, assistenti sociali – attraverso i quali passa la cultura della distruzione del ruolo paterno. Senza di loro tua moglie e i tuoi figli non avrebbero mai potuto diventare i tuoi acerrimi nemici.

E’ la società che non difende più i matrimoni. Lo stato è incurante della tragedia delle separazioni.

Lo stato considera le separazioni come un evento fisiologico nell’evolversi delle storie familiari. La separazione è vista come una panacea per risolvere i problemi matrimoniali. E’ un’idea barbara e rovinosa che però pervade tutti gli atti legali delle separazioni.

La moglie chiede di separarsi? I giudici se ne fregano. Incuranti del fatto che dalla separazione nascerà un trauma per il marito che la subisce!

I giudici sono persone sagge e assennate che difendono i figli. Ma i figli difendono la madre e la madre è in lite col padre.

Alla fine chi ci rimetterà? Chi verrà scacciato fuori di casa perdendo la famiglia?

Lo stronzo che non conta nulla: il padre.

E tutto nel nome sacrosanto del benessere dei figli.

E quel povero scemo che si è sempre dedicato al lavoro e alla famiglia, che si è sempre preoccupato del benessere familiare?

Un calcio in culo e via.

Ma quell’uomo buono non accetterà di essere trattato indegnamente. Quell’uomo non vuole essere considerato una nullità. E’ sempre stato un ottimo padre di famiglia. Il mondo gli si rivolta contro e lui non sa perché. Quell’uomo ormai è solo e la famiglia in cui ha creduto e per cui ha lavorato una vita gli si rivolta contro con il consenso e il plauso della società, dei giudici, degli avvocati, degli psicologi, psichiatri e assistenti sociali.

Ecco perché i padri sono costretti a fare le stragi familiari, perché lo stato non li difende.

Dopo le separazioni i padri devono allegramente perdere tutto, rimanere soli come cani, dare il mantenimento e avere il contentino di uscire qualche oretta coi figli.

Questa signori è la giustizia delle separazioni in Italia per i padri.

Svegliatevi, coglioni! La separazione è un business! Quanti professionisti ci guadagnano sopra! Guadagnano sulla pelle dei padri che distruggono con il loro operato!

Avvocati, giudici, psicologi, psichiatri, assistenti sociali sanno tutto ciò eppure non difendono il ruolo paterno.

Ma allora perché uccidere i nostri familiari? Loro sono solo i clienti di tutta questa marmaglia di professionisti incoscienti, disonesti, incapaci, doppiogiochisti e ipocriti!

Sono loro che armano le mani omicide dei padri disperati!

Sono loro i veri colpevoli!

Diffondi anche tu la voce di protesta della dignità maschile!

Copia i volantini, scrivi sui muri la tua protesta contro i professionisti che spingono dei padri onesti a diventare dei folli omicidi.

Lancia il grido di protesta popolare



29 marzo alle ore 9.36